Il Giardino dei Tarocchi a Capalbio

Nel 1955 (avevo allora 25 anni) ho visitato a Barcellona gli splendidi lavori di antonio Gaudi. Nel parco Guell, con le sue panchine fatte di frantumi di piatti, dove alberi di pietra stavano a fianco di veri alberi, ho trovato il mio maestro: GAUDI. Questa esperienza ha forgiato il mio destino: un giorno costruirò un rifugio dove trovare pace e gioia. L’Italia mi ha molto aiutata in questo cammino. Ho visitato le sue numerose città d’arte, le chiese ed i vari tesori artistici così unici e reperibili solo in questo paese: la Cappella Sistina, L’ultima cena di Leonardo da Vinci. I favolosi girdini come quello di Villa d’este e di Bomarzo. Sono stata particolarmente colpita dalle chiese e dal pensiero delle migliaia di persone che si sono dedicate alla costruzione di questi grandiosi edifici che cantavano la gloria di Dio. La mia visione è stata rinforzata da queste esperienze e mi sono dedicata a mia volta alla realizzazione di un giardino che ispiri, a questo mondo turbato, sentimenti artistici di serenità e di amore per la natura. Ho cominciato il girdino nel 1979 tra grandi difficoltà e fatiche fisiche. Una gran parte della mia vita è stata dedicata alla realizzazione di questa costruzione malgrado malattie ed isolamento di familiari ed amici. Ma niente mi poteva fermare. Quando mio marito, Jean Tinguely, era ancora in vita e veniva a lavorare nel giardino, spesso ci incontravamo a Orvieto perchè entrambi adoravamo il suo Duomo. Ma un giorno, nel lontano 1985, dopo aver visto lo scempio causato da un sovraffollamento di autubus, gente e guide vocianti, decidemmo di NON riornarci mai più. Non era più possibile usare la chiesa come un luogo di raccoglimento e ammirazione: la sua santità era dissacrata! Troppe cose erano cambiate. Non era più possibile condividere la suprema bellezza del Duomo di Orvieto con un numero esagerato di persone. E purtroppo questo accade in molti posti artistici italiani dove i beni culturali vengono asserviti al lucro e alla speculazione. Mi ricordo di avere detto a Jean, con grande tristezza, che questo sarebbe stato il mio più grande problema col giardino. Mi promisi che il giardino non sarebbe caduto nelle mani di gente che avrebbe potuto degradarlo.

Non molti comprendono che il Giardino è una fragile  opera d’arte con i suoi specchi, vetri e ceramiche, ha bisogno di una delicata e continua cura. E’ questa la ragione per la quale il Giardino non può rimanere aperto tutto l’anno, senza un’adeguata manutenzione cadrebbe in rovina in pochi anni. E questa manutenzione deve essere eseguita dall’equipe che, avendo costruito il giardino insieme a me, ha acquisito l’esperienza e l’abilità di farlo con cognizione ed amore. Dopo aver lavorato per venti anni alla progettazione di questa opera non ho nessuna intenzione di vedere la delicata bellezza distrutta e vandalizzata. La mia visione del messaggio del giardino è, e rimarrà, fedele all’idea originale. Sono orgogliosa di poter offrire al visitatore questa rara ricchezza e il tempo di assimilare e riflettere lo spirito del Giardino, senza essere spinti affannosamente intorno come un branco di pecore. Coloro che traggono guadagno organizzando questo genere di visite in massa non entreranno mai nel Giardino. Noi non continueremo a dissacrare l’arte, ma la mostreremo come deve essere presentata. L’Italia è sempre stata uno dei miei grandi amori e desidero contribuire, con l’esempio, alla conservazione dei suoi innumerevoli tesori artistici e della sua eredità culturale. Il mio giardino è un posto metafisico e di meditazione. Un luogo lontano dalla folla e dall’incalzare del tempo, dove è possibile assaporare le sue tante bellezze e significati esoterici delle sculture.

UN POSTO CHE FACCIA GIOIRE GLI OCCHI E IL CUORE.

Niki de Saint Phalle Nov 20,97

Questo è quanto Niki de Saint Phalle ha lasciato scritto all’ingresso del parco e credo non ci sia niente da aggiungere: il messaggio è chiaro. Ma, al di là delle intenzioni dell’artista, il numero di persone che lo visita è grande, ed è difficile immergersi completamente nei suoi significati metafisici. Inesorabilmente, con il turismo di massa, viene considerato alla stregua di un parco giochi per bambini. In parte si può comprendere come un bambino possa rimanere colpito dai colori e dalle forme delle varie sculture. E, forse, è l’atteggiamento più giusto: farsi trasportare dai colori, alla ricerca dei particolari, di motti lasciati scritti su marciapiedi o su piastrelle, riconoscere forme e stupirsi di tutto.

Le sculture sono ispirate agli arcani maggiori dei Tarocchi, dense quindi di significati simbolici ed esoterici.

L’Imperatrice

L’ Imperatrice-Sfinge contiene al suo interno un’abitazione tutta specchi e rotondità, nella quale Niki de Saint Phalle ha abitato per lunghi periodi durante i lavori.

L’Imperatore, la Torre e qualche visione di insieme sulle varie sculture.

L’Imperatore è la struttura nella quale l’artista pare avere raccolto l’eredità di Gaudí. Al centro del cortile racchiuso da un ondeggiante, polimaterico loggiato, sul quale si può passeggiare, è ritagliata una vasca circolare nella quale quattro felici, coloratissime nanas fanno il bagno, schizzando dai seni getti d’acqua. Sul retro del Castello, staccata ma incombente, si eleva la Torre,  decapitata dalla violenza del fulmine concepita da Jean Tinguely.

Altre figure meno imponenti.

I particolari

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